Umano, troppo umano

Non le bastava quell’orrore, voleva un’altra prova del suo amore

Più passa il tempo più rientrare è difficile. E’ difficile perché vedi i progetti che crescono, i collettivi che si sfasciano, le reti che scazzano e non sai bene perché e per come stiano andando le cose. Anche se te le immagini.

Da outsider l’unico sguardo privilegiato è quello sui diversi fascismi che si espandono a macchia d’olio su tutta l’Europa. Rendendo chiaro perché qui e ora ho deciso di studiare la Storia Moderna, perché ho deciso di occuparmi di fondamentalismi.

Gli stupri, gli sbudellamenti, le condanne per eresia (che venivano rese esecutive dai poteri civili, non da quelli religiosi), in nome di uno o di un altro dogma. Questa è l’Europa che avete voluto unificare, sogno o incubo di morte?

Ed è così che un Breivik ispira, a suon di rune, un Casseri, che forse erano un po’ toccati sul serio. In realtà mi sembra molto più fascista il racconto dei moduli di richiesta del visto che mi fanno i miei amici: di che RAZZA sei, ti chiedono in Gran Bretagna (distinguendo ad esempio tra britannici bianchi e non), ti chiedono la religione, ma non puoi specificare di essere atea, agnostica o quel che vuoi. Fascista è anche che una madre non possa vedere il proprio figlio a causa del visto, che una donna denunci uno stupro e sia messa in un CIE. Fascista è che comunque nessuno parli della violenza sulle donne in Libia e che nessuno parlasse dei postriboli in cui sistematicamente erano (sono?) rinchiuse le donne provenienti dal resto dell’Africa quando Gheddafi era il benvenuto in Italia. A volte sembra che su certe cose si sia più essenzialisti che nel ‘600, quando Galileo abiurava una parola di troppo, con meno forza e meno passione di un Giordano Bruno.

Ci stupisce che una ragazzina abbia deciso di scaricare sul margine del margine una sua presunta “colpa”? Ci stupisce che per difendere le nostre donne, si sia messo a fuoco un campo rom? No. E il resto d’Europa, spesso e volentieri, non fa di meglio. Perché siamo chiusi, gretti, rudi. La fortezza in cui siamo chiuse e chiusi ci ha resi poveri. Poveri perché cerchiamo di contrastare una crisi prima di tutto nostra con l’erezione di barriere.

Siamo davvero nel postmoderno? La risposta è ni, secondo me. Modernissimo è il mondo che ci circonda, in cui le identità si cristallizzano senza connessione. Per questo abbraccio identità strategiche e fluide, ma cui sento di appartenere per il breve attimo dell’orgasmo collettivo. Sono cyborg, comunico e penso tramite un computer, una rete, infrastrutture complesse, non prive di problematiche. Sono organica, animale e biochimica. La strategia può anche essere abbandonare le identità, ma io amo aggettivare il mio io, anche se entro in crisi quando devo scriverlo nei curriculum.

Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te. Sempre.

Il linguaggio è un’arma a doppia lama. L’importante è usarla bene, costruire (contro)discorsi, pratiche, alleanze.

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