Anche io leggo Foucault

Dopo aver letto Sorvegliare e punire, simpatico mattoncino di 340 pagine, non posso evitare di scriverci su due righe. Anche se non sono filosofa e nemmeno storica, ho trovato qualche buono spunto e qualche critica. Ma magari se qualcun@ passa e mi smonta non fa un soldo di danno.

(la libertà è una forma di disciplina)

Partiamo dalle critiche? Massì, che si sa che sono una cagacazzi mica da poco.

La prima critica non è tanto imputabile a Foucault quanto, piuttosto, all’avanzamento (scarso, visto che erano appena nati) degli studi femministi sulla storia. Uno dei migliori testi teorici in merito è di Joan Scott (ed è appunto successivo di 10 anni a Sorvegliare e punire) e lo potete trovare qui.

Molto improntato a una storia relazionale, che per mia fortuna ho occasione di sperimentare in questi mesi.

Tornando a Foucault, la sua analisi parte con la critica liberale al sistema di punizioni grottesco, quello che definiremmo medievale ma che si espresse in tutta la sua magnificenza in età moderna, che avrebbe poi portato la nascita della prigione come sistema correttivo (ma in realtà come prima produttrice di delinquenza, in un sistema circolare che alimenta se stesso).

In realtà il sistema di disciplinamento di questo tipo è stato dapprima sperimentato sulle donne (e di poco successivamente sui minori), in particolare sulle prostitute e le donne sole. Sappiamo bene come le pratiche autoritarie sfruttino spesso le donne (proteggiamo le nostre donne dall’invasione straniera, gli stupri di guerra, la detenzione in casa delle donne vittime di violenza).

Dunque, il primo sistema carcerario correttivo è quello delle case di recupero per le donne sole, in cui si insegnava un mestiere (spesso si sfruttavano le donne, spesso nell’ambito della tessitura) e la morale, magari in attesa di avere sufficiente denaro per costituire una dote ed entrare in convento o sposarsi. Ebbene sì, per il convento serviva la dote. Per maggiori chiarimenti si rimanda a Wiesner, Le donne nell’Europa moderna, in cui un’ampia bibliografia di riferimento. Per sapere cosa fossero le case di correzione, si consiglia invece la visione di Magdalene, film del 2002 diretto da Mullan.

Altro motivo per cui forse Foucault non ha analizzato questo tipo di istituzioni è che la sua analisi si concentra molto sul territorio francese, nel quale erano (forse) meno diffuse.

Un po’ più grave, per quel che riguarda la mia coscienza femminista, è che nella nota a pagina 328 sul sistema di carcerazione extrapenale si dimentichi la correzione degli uomini sulle donne, di diritto in molti paesi, di fatto a tutt’oggi. In Gran Bretagna (fuori dall’analisi foucaultiana come abbiamo detto) abbiamo addirittura la punizione sul marito al posto della donna. Con le evidenti conseguenze sulla moglie. Ma molti orripilanti esempi sono anche contenuti nell’analisi di Angela Davis, in Aboliamo le prigioni (per quanto riguarda la GB, invece, la fonte è Moccia, Comparazione giuridica e diritto europeo).

 

Stop alle critiche, passiamo agli spunti.

Forse in questi momenti di riforma universitaria, la parte piu’ interessante che ho trovato nel testo è quella sull’uso del tempo come elemento disciplinare.

Su un casuale sito di un’università (in questo caso cattolica, ma il processo di Bologna impone uniformità per tutte) leggiamo:

Valore fondamentale di un credito ECTS

 

Allo scopo di evitare interpretazioni arbitrarie, ma allo stesso tempo lasciando spazio ad una certa

flessibilità, il Sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti stabilisce che: 1. ogni cre-

dito equivale a un numero di ore di lavoro (studio) variabile tra 24 e 28; 2. occorre maturare un totale

di 60 crediti durante ogni anno accademico.

La Congregazione per l’Educazione Cattolica ha fatto propria l’equivalenza: 1 ECTS = 25 ore di

lavoro. In questo caso si raggiunge un totale di 1.500 ore di lavoro all’anno (circa 40 ore di lavoro set-

timanali, di cui circa 20 ore di lezione, per un insieme di circa 37 settimane all’anno, compresi i perio-

di di esame).

 

Trascrizione degli antichi crediti nei nuovi crediti ECTS

 

La Congregazione ha adottato le seguenti equivalenze fondamentali: 24 ore di lezione (2 crediti

tradizionali corrispondenti a due ore di lezione settimanali per un semestre) equivalgono a 3 ECTS os-

sia a 75 ore di studio; 36 ore di lezione (3 crediti tradizionali corrispondenti a tre ore di lezione setti-

manali per un semestre) equivalgono a 5 ECTS ossia a 125 ore di studio. Sul fondamento di queste

equivalenze fondamentali si possono stabilire anche le altre equivalenze relative ai multipli ed even-

tualmente alle frazioni: ad esempio: 48 ore di lezione equivalgono a 6 ECTS (200 ore di studio).”

Non si capisce bene come siano tali ore quantificate, per altro, ma ciò non importa. Leggiamo ora Foucault:

Il controllo dell’attività

 

  1. L’impiego del tempo è una vecchia eredità. Le comunità monastiche ne avevano senza dubbio suggerito il modello rigoroso. I suoi tre grandi procedimenti – stabilire le scansioni, costringere a determinate operazioni, reolare il ciclo di ripetizione – s sono ben presto ritrovati nei collegi, laboratori, ospedali. (…) Il tempo misurato e pagato deve essere anche un tempo senza impurità né difetti, un tempo di buona qualità, lungo il quale il corpo resta applicato al suo esercizio. L’esatteza e l’applicazione sono con le regolarità, leviù fondamental del tempo disciplinare. Ma questo non è il più nuovo: altri procedimenti sono più caratteristici nelle discipline.
  2. L’ elaborazione temporale dell’atto. (…) è un “programma” che assicua l’elaborazione dell’atto e controlla dall’interno il suo svolgimento e le sue fasi. Si è passati da una forma di ingiunzione che misurava o scandva i gesti ad una trama che i costringe e li sostiene lungo tutto il loro concatenarsi. Si definisce una sorta di schema anatomo-cronologico del comportamento. L’tto viene scomposto nei suoi elementi (…)
  3. Di qui, la messa in correlazione del corpo e del gesto. (…) Nel buon impiego del corpo, che permette un buon impiego del tempo, neinte deve rimanere ozioso o inutile, tutto deve essere chiamato a formare il supporto dell’atto richiesto. (…)
  4. L’articolazione corpo oggetto. La disciplina definisce uno per uno i rapporti che il corpo deve mantenere con l’oggetto che manipola. Disegna, tra l’uno e l’altro, un accurato ingranaggio. (…) La regolamentazione imposta dal potere è nello stesso tempo la legge di costruzione dell’operazione. Appare così il carattere del potere disciplinare; esso ha non tanto d estorsione del prodotto quanto di legame coercitivo con l’apparato di produzione.
  5. L’utilizzazione esaustiva. (…) l’impiego del empod eve scongiurare il pericolo di sprecarlo – errore morle e disonestà economica. (…) Si tratta di estrarre dal tempo sempre più istanti disponibili e da ogni istante sempre più forze utili…”

Ed è così che di ora in ora ci si prepara con l’Università a punti (quella che ammazza la coscienza quanto contare i punti sulla tessera più dei soldi dopo la spesa) al lavoro precario. Il pensiero, intanto, giace in coma. Altro esempio, implicito al sistema di disciplina, è quello dell’esame, o nel caso lavoriate, del rinnovamento del contratto.

 

L’altra parte bella, ma quella vi consiglio di leggerla tutta, è quella sugli illegalismi. Illegalismi strutturali, delinquenza che rifocilla le prigioni, che a loro volta la ricreano. Delinquenza come nemico sociale (ma solo nel disagio, non ad un certo livello, come ci ricorda Berlusconi ogni giorno), delinquenza come necessità sociale.

Ma anche movimenti illegalistici. Si rimanda alle pagine 303 e 305 del testo, e a tutto il capitolo “Illegalismi e delinquenza”, che ben descrive modalità disobbedienti (nel senso buono) alla nascita.

La domanda che mi pongo, è se anche Kubrick, Burgess e gli inventori del programma Lodovico avessero letto Foucault.

Tutte le citazioni sono tratte da:

Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, 1993.

Le altre ve le cercate, perché sono pigra e tanto non ho indicato le pagine.

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