Paranoia

C’è chi dice che in paranoia stat virtus.

Come dargli torto?

D’altra parte la paranoia quando ti prende assomiglia a un manto scuro che tutto avvolge e tutto fa tacere. Le nostre responsabilità sociali vengono meno di fronte alla paranoia, all’essere lontane e al chiuderci nei manti delle nostre strutture, dei nostri collettivi, delle nostre famiglie laiche.

Non serve essere sposati o legati dal sangue per far uscire fuori tutto il peggio di noi, sfogandoci su persone cui vogliamo bene, perché è più facile. Il mio primo obiettivo è mia madre, poi vengono le compagne. Al tempo stesso queste sono le nostre gabbie, all’esterno delle quali sunt leones. Ci affanniamo così tanto nel proteggerle che sembriamo isteriche senza patria né Dio. Ci affanniamo così tanto dal cercare la pagliuzza negli occhi altrui, senza comprendere la nostra cecità, il buio in cui brancoliamo senza sosta, perché tanto un obiettivo non c’è.

A volte, però, ci si può prendere per mano, farsi guidare da chi ha gli occhi aperti, affidarsi tutti e cinque i sensi a chi non si sa nemmeno chi sia.

La paranoia, dicevamo, è virtuosa, quando ci fa decidere con attenzione chi prenderà la nostra mano, guidandoci verso obiettivi sensibili. Senza quelle mani, saremmo perdute, quando ci toccano le guardie dopo l’arresto, quando le stesse guardie non credono alle nostre denuncie di maltrattamenti domestici, quando un giudice ci nega la possibilità di vivere come vogliamo. Se ci sono quelle mani, non c’è devastazione e saccheggio che tenga, anche quando finiscono dietro un vetro in un carcere.

Il cordone non è solo una strategia d’attacco, è una strategia di sopravvivenza. La paranoia serve a rafforzare quel legame.

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