#cosedilavoro

Se di scioperi dobbiamo parlare, parliamone.

Parliamo della mia settimana lavorativa che dura sette giorni e di non riuscire a uscire la sera per questo. Parliamo di capitale cognitivo, del lavoro di cercare lavoro quando non lavoro o nelle pause. Parliamo di non avere contratto e di non sapere se verrò poi mai pagata per il lavoro svolto. Parliamo dei “garantiti” che ho intorno, che non ricevono stipendi e contributi da mesi e mesi. Parliamo delle metalmeccaniche con la testa sfondata, a dimostrare a Landini chi sono i violenti da isolare. Parliamo dei processi a chi sciopera, che non si vedevano da tanto.

Parliamone.

Parliamo di fabbriche che chiudono, di intere città che cambiano la propria struttura.

Parliamo di trasporti ed esuberi Alitalia-Meridiana-NTV.

Parliamone.

La struttura del paese cambia, non ci sono più la FIAT di Torino, ma FC che sta tra due città industriali in due continenti, le giovani precarie che fanno figlie bellissime e che perdono il lavoro, le giovani precarie che dei figli se ne fregano, vorrebbero tutto e non hanno manco uno straccio di relazione se non quella da fare al principale al termine della giornata lavorativa. Che comunque dura ventiquattro ore. Al termine delle quali ci sono rabbia e ricattabilità in ordine eventualmente inverso.

Scardinare la ricattabilità come? Come trovare la possibilità di dare voce, corpo, anima, alla propria rabbia? Come smettere di dire sissignore e di farlo prima che sia un raptus di fine contratto a farlo? Occupare le fabbriche che chiudono e delocalizzano la produzione? Associarsi e creare solidarietà?

Diffondere lo sciopero dappertutto. Scioperare qualsiasi attività, ché io vorrei ritrovare il sacro significato della domenica.

Lavoro giorno 14 di fila. Ne mancano altrettanti.

Ecco a me più che lo sciopero manca proprio la domenica.

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