Una formalità

Oggi è un giorno in cui potrei parlare di metropoli come habitat naturale, crisi politiche, voglia di montagna. Invece parlerò di una formalità: la differenza tra qualità e quantità.

Nell’ambiente in cui mi muovo, cospiro e agisco spesso si parla di relazioni. Le relazioni sono importanti, ci aiutano a muoverci nel mondo a creare solidarietà e appoggio, spalle su cui piangere e braccia con cui costruire i cordoni con cui lottiamo tutti i giorni.

Egon Schiele, Coitus, 1915, Sammlung Leopold – Wien

Ci sono relazioni di vario tipo: amicale, sessuale, amoroso, lavorativo. Ogni relazione ha la sua specificità ed è legata alla persona o al gruppo di persone con cui la si instaura. Non ci sono persone uguali e non produrranno relazioni uguali. Alcune relazioni sono molto belle, altre sono difficili, altre ancora sono un cantiere aperto. Alcune relazioni si mantengono a distanza, altre hanno bisogno della vicinanza. Alcune relazioni meritano di morire presto, ma a volte si portano dietro lente agonie.

A me le relazioni piacciono, mi piace costruire qualcosa anche per pochi minuti. A volte, sento di avere bisogno di costruire relazioni solo con me stessa e che senza di me non potrei interagire con nessun altr*. Oggi è uno di quei giorni no in cui sto un po’ così per esempio.

Fatta questa premessa, è per questo che non capisco proprio dove vogliano arrivare i e le promotorici del discorso che ci vorrebbe pluri-copulanti a tutti i costi. Non sono certo molteplici partner che ci salveranno dal rischio del patriarcato, ma la qualità di relazione che instauriamo con ognun* di ess* o con un* sol* fra ess* o forse proprio con nessun*. Non l’amore di coppia farà la rivoluzione ma nemmeno fornicare casualmente in giro, almeno non per tutt*: a me faceva solo una gran fatica e una pessima qualità di rapporti. Per quanto riguarda invece l’amore: non credo che esista, l’ho già detto qua, anche se mille altri affetti possono nascere e quelli potenti a volte non sono estendibili per semplice proprietà commutativa.

Le società patriarcali, credo, si abbattono giorno per giorno nella qualità che si va costruendo, nei conflitti che si sanano o nel capire che spesso ce ne sono di insanabili, nel costruire relazioni privilegiate multiple, ma perché ogni relazione è intrinsecamente unica. Sono stata la mia più grande fonte di oppressione, e tutto sommato ancora lo sono: solo da là può ripartire un discorso che coinvolga chi voglio e come voglio.

Nell’ultima settimana ho evitato di riscaldare minestre e ho fronteggiato un fantasma di quelli potenti. Ora mi sento distrutta, ma su quel fronte sto in pace con me stessa. Mille altri fronti sono aperti e non c’è che da preparare la trincea, ma sempre tenendo presente che non è la quantità di armi che porto dietro a essere determinante, ma piuttosto la loro qualità.

 

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