L’antipolitica che fa politica. L’antieconomia che fa economia.
E io che giro il volante, saluto dal finestrino. Mi arrabatto dietro a pentole e riso e pasta e mi chiedo se tutte e tutti abbiano mangiato, ma mi sa di no, perché siete troppe. E menomale.
Lo stomaco stretto nel magone e a me invece non va più di mangiare, voglio solo piangere.
Fanno a pezzi lo stato, non quello sociale, ma le stesse strutture che li legittimano. E io non riesco nemmeno ad aprire il giornale. Non ci riesco perché se no mi sento male.
Ma almeno vvb. Come si scriverebbe in un messaggio adolescenziale. E qui resto.