Antropologie da supermercato

L’unica cosa buona di lavorare in un supermercato è osservare la varia umanità che lo attraversa.

A partire da chi ci lavora, dalle commesse gentili e superacchittate, ai salumieri che sono sempre in vena di battute con doppi sensi di scontata natura.

Ma le persone che preferisco in assoluto sono quelle che si mettono la tuta, ma tute belle e ricercate, per fare la spesa. Insomma, non da salto giù dal letto e scappo al supermercato…

Poi ci stanno i darkettoni con le infradito, e le felpette con i gruppi metallo.

Le vecchiette e i vecchietti senza dentiera che si umettano le labbra con la lingua e non sentono quello che gli si prova a dire.

I gruppetti di pischelli e pischelle che fanno la spesa per andare in vacanza, con le pischelle certamente più pratiche che chiedono se ci sono le stoviglie di plastica e vogliono fare il pranzo di Pasqua con primo, secondo e contorno.

Ci sono i coatti e le coatte, coperti di lustrini e scritte sui pantaloni, che hanno quell’impeccabile stile senza tempo, uguali da quando ho memoria…

In ogni supermercato, anche quello più chicchettoso, ci sono persone che non c’entrano tanto. Possono essere gli operai rumeni che lavorano nel cantiere accanto, i  tossici che cercano il dentifricio, o i rom che comprano la verdura (con passeggini pieni di cavoli).

Anche gli acquisti della gente sono interessanti e dopo Berlino non si può fare a meno di notare quanto gli italiani, anche i più carnivori, acquistino verdure fresche.

E menomale, che in questo bel paese non ci sono tante cose buone, ma almeno le verdure sono una gran cosa!

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