Epitaffio

Alle cose che d’estate se ne vanno, a chi leggerà e a chi no. Sperando di non urtare la sensibilità di nessuno.

Spezzo la catena cantautoriale con qualche parola di pancia e un po’ di lacrime in fondo agli occhi, più che per quel che era diventato, per quel che era iniziato e sarebbe potuto essere.

di Alice Schiavone

Rimpiango i gelati che non abbiamo preso e i fritti che non abbiamo mangiato, i viaggi che non abbiamo fatto, le frontiere che non abbiamo attraversato, i concerti che non abbiamo visto e le camminate che non abbiamo fatto.

Mi mancano i gelati che abbiamo preso, i fritti che abbiamo mangiato, i viaggi che abbiamo fatto e le frontiere attraversate, e anche le guardie che ti rapiscono al confine con l’Ucraina mentre io aspetto di notte con tante persone che sperano in qualcosa di meglio nell’Unione Europea. Mi mancano le risate, te che sculetti coi Madness di sottofondo, la sveglia che suona The Magnificent Seven, le notti in tenda e io che ho paura dei cinghiali e dei maniaci. Mi mancano il Marocco, il mio letto stretto a Granada e le colazioni insieme. Molto meno mi manca il tuo letto piccolo piccolo che però ora hai cambiato.

E anche se tutto poteva essere pesante e scuro non avrei mai pensato che le catene si potessero spezzare così facilmente, prima che la mia bici mi lasciasse a piedi in quel di piazza Vittorio. Che il tempo mi sia lieve e non mi faccia scordare tutti i gusti di pistacchio provati, i baci dati e ricevuti, come sei carino quando godi.

…it’s ok, by the way, I feel bad when you’re leaving me alone…

Posted in kater, saudade, useless&personal stuffs | Comments Off on Epitaffio

Eppure il vento

Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana…io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà…

https://www.youtube.com/watch?v=nrUdSlUpe_s

Posted in General | Comments Off on Eppure il vento

E capita che…

In un pigro sabato lavorativo si entri per affogarsi nel caffè e dare ai dispiaceri la forma di un gelato con panna e non si possa fare a meno di canticchiare la canzone che gli altoparlanti mandano proprio per te. http://www.youtube.com/watch?v=3kYhoXxvAf4

Posted in saudade | Comments Off on E capita che…

Bring back ourselves

UPDATE: molte delle ragazze scappate sono state rapite nuovamente, purtroppo, da quei pazzi. Altre sono vendute e fatte schiave in quel dell’Iraq da pazzi diversi ma uguali. Altre ancora vivono schiave di mariti violenti per assenza di reddito, contatti, lingua, documenti ed è anche colpa nostra, per tutte, comprese noi stesse.

_______________________________________________________________________________

Dopo tanto tanto tempo torno su queste pagine online.

Avrei mille cazzi miei di cui scrivere, e anche di cazzi collettivi. Di alluvioni e frane emozionali, di notti passate insieme e della stanchezza delle mattine. Di lavoro e di quanto è brutto.

Invece risaluto queste pagine con una buona notizia, quella delle ragazze rapite da Boko Haram che sono tornate a casa, scappando dai rapitori.

Questo perché anche se a volte un aiuto esterno è utile e anche fondamentale, e anche se a essere sottoposte al controllo di dei pazzi stragisti non è uguale a stare qua sottoposte al controllo di un “figlio sano del patriarcato”, uscire dalla violenza è possibile.

Certo, per uscire dalla violenza a 360° ci vuole tanto da tutti, ma insomma, che queste cinquanta ragazze siano fuggite ai loro rapitori mi sembra una notizia degna di nota e da ricordare. Non c’è nessuno bring back our girls, le girls sono tornate a casa coi loro passi, in barba a qualsiasi carro armato statunitense…

Speriamo che ci riescano anche le altre, e non solo quelle prigioniere di Boko Haram!

(sì lo so, potevo essere più profonda, ma oggi è una di quelle giornate NO e non mi va, e sono tante le giornate no che non mi hanno fatto aggiornare queste pagine, spero che siano state abbastanza!)

Posted in autodifesa | Comments Off on Bring back ourselves

Di disagio, frane, corpi

Da troppo tempo manco dallo scrivere ciò che passa per questa mente così fragile, così complicata, così “dolcemente” frastornata.

Molte acque sono passate sotto i ponti, alcuni portoni sono stati aperti e parecchie notti sono state passate insieme.

Sembrano passati almeno tre anni.

Io lavoro, per due lire, e lavoro così tanto che non riesco a fare ciò che vorrei, che attraverso i portoni e sento il disagio di non sentirli miei, che il mio corpo come un tempo si ciba troppo per riempirsi di quel che gli manca e che non si sa cos’è. Il mio corpo che sento di aver violato di una violenza stupida. Che la legge di natura, come quella dello stato, non ammette ignoranza e fascistamente se ne frega.

Basta poco per immergersi nell’ipocondria, e ammalarsi prima del tempo. Poi c’è il disagio della propria eterosessualità monogama, che però non si rende mai noiosa perché i rischi si annidano in ogni dove, ma soprattutto nella propria stanchezza. Però ci sono anche occhi pieni di felicità, letti finalmente fuorimisura nel senso del troppo e non del troppo poco e potersi abbracciare anche stretti in magliette troppo piccole, non concordando su almeno una delle tre cose importanti della vita, ovvero le lenzuola.

Nemmeno le lenzuola, comunque, proteggono dalla frana di cose da fare, dalla frana di incomprensioni e di emozioni che a volte ti prende. E allora tutta la nostra materialità viene sommersa da stimoli, sbadigli e repressione, che ci descrive terroristi, quando siamo solo strabordanti d’amore. Amore che esce anche dalle prigioni, a cui purtroppo rimane impenetrabile il sole, la primavera e il gelato.

Infine c’è il continuo ripensamento dell’erotico e del relazionale, nel saggiare il buono che c’è nel mondo e nell’assaggiarlo senza però ricercarne la rappresentazione e la condivisione con troppe. Distanziarsi dalla rappresentazione di tutto, perché lavorando in quel che tutto rappresenta sento un sacro pudore di fronte all’esposizione indiscriminata dei corpi. Che le rappresentazioni ritraggano Renzi, Berlusconi e le varie Santanché. Io piuttosto preferisco l’altro lato della camera, quello più distante dall’obiettivo e dall’obiettività di tutti.

E per chiudere, farlo a riccio. O ad armadillo o porcellino di terra, a seconda dell’animale favorito.

Posted in filippiche, saudade | Comments Off on Di disagio, frane, corpi

Gioventù

Giovani i governi. Muoiono gli artisti.

Posted in General | Comments Off on Gioventù

Rosa, che Rosa non sei

Era una notte fredda, di quelle che se esci lo fai perché hai tutta la voglia di vivere del primo anno di università. Ti imbacucchi, vesti giusta per andare in discoteca, trucchi quel tanto che basta, tanto sei bella, alta, giovane.

Abiti in una città che la natura e lo Stato hanno devastato, alcune mura sono crollate su quelli che sarebbero potuti essere i tuoi colleghi di corso e nessuno le ha ricostruite. La città deserta è stata trasferita in delle oasi di palazzoni, che tristemente guardano quel territorio, devastano i monti e feriscono la memoria storica di uno dei fu più bei capoluoghi d’Italia.

Però sei contenta, sei emancipata dai genitori, puoi costruirti una vita indipendente da fuori sede, andare in discoteca qualche paese più in là.

Per le strade si vedono ogni tanto carri armati e militari, anche se la guerra è finita da tanto. Solo i militari presidiano il territorio devastato. Chi li ha messi là a controllare e reprimere non si preoccupa, come non si è preoccupato di risolvere così il problema dei femminicidi.

Vai comunque in discoteca, ti fermi a bere qualcosa, balli, poi c’è qualcosa che non va, qualcuno ti infastidisce, almeno tre persone, proprio di quelle che dovevano rendere “sicure” le strade dei dintorni. Sono militari che abusano del loro potere come uomini, come funzionari delle forze dell’ordine, come figli di qualcuno importante. Ti costringono a bere, ti costringono a trasformare una serata di gioia, di svago, in un incubo terribile. In almeno tre abusano di te, ti fanno tanto male da farti sanguinare, ti riempono di alcool fino a farti perdere i sensi e continuano a riempirti d’alcool. Contenti e tronfi, sicuri del loro potere, ti lasciano in mezzo alla neve sanguinante. “Spaventati” scappano via.

Qualcuno si accorge di te, qualcuno ti porta all’ospedale. Lì, mentre l’orrore viene riconosciuto da chi ti visita e ti rianima, ma successivamente, nonostante i molteplici comi con cui sei giunta al pronto soccorso, ti vengono dati meno di 20 giorni di prognosi e la denuncia non scatta.

Ma tu non ci stai, con tutta la forza che questo richiede denunci lo stupro e l’aggressione e da lì inizia un processo, che però si scorda che i tuoi infami violentatori erano tre e non uno, ti fa ripetere la violenza e omette il tentato omicidio dalle accuse.

Il processo ha condannato quell’uno, confermando due volte gli otto anni per stupro ma facendo cadere le aggravanti, e non lo ha privato della libertà di vivere i domiciliari e lavorare come autista di ambulanze.

Anche se quella denuncia non è servita a punire i colpevoli del tuo stupro, Rosa, ti ringraziamo per aver messo in luce questa storia anche se non vorremmo sentire mai più storie di questo tipo. Non vorremmo sentir parlare di stupri, in casa o fuori, non vorremmo vedere i militari nelle strade a far finta di renderle sicure e non vorremmo più sentire l’ipocrisia di chi scrive leggi contro il femminicidio dando più soldi alle guardie, che troppo spesso sono le nostre carnefici. Abbiamo sentito parlare di “violenza sessuale” perché una donna aveva dato un bacio (derisorio quanto vi pare) a un poliziotto in Val Susa. La tua storia e quella di tante altre mostrano invece il mondo per come è, in cui le violenze sessuali non sono baci strappati per caso e in cui le forze dell’ordine, forti della divisa, spesso le compiono più che subirle magari a soggetti giuridicamente deboli: ladre, prostitute, immigrate.

Ogni volta che stuprano una, stuprano tutte e noi non ci stiamo.

A Rosa e a tutte le donne che hanno subito violenza i miei auguri per il nuovo anno, per quel che valgono.

Qui, il report dell’ultima udienza del processo.

Posted in la rage | Comments Off on Rosa, che Rosa non sei

E’ colpa tua!

A poche ore dalla giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricordarci che è colpa nostra non fa male! Non sia mai che poi ci vengano grilli per la testa…

Posted in la rage | Comments Off on E’ colpa tua!

[Varsavia] Attacco fascista agli squat Przychodnia e Syrena: no pasaran!

Con rabbia e con amore, le lacrime agli occhi, una traduzione per i miei fratelli e le mie sorelle.

Nel giorno dell’indipendenza nazionale, 11 Novembre 2013, le nostre case sono state brutalmente attaccate dalle milizie fasciste. Sono arrivati ben preparati: martelli, cesoie e tubi in mano, hanno aperto il lucchetto sul nostro cancello, forzato la porta, rotto finestre, bruciato due macchine e ferito i nostri amici. Questo non era un attacco organizzato spontaneamente. Per di più, era un attacco portato avanti con l’accordo della polizia: anche se la polizia aveva circondato il nostro quadrante completamente, sono stati a guardare per 30 minuti e sono intervenuti solo quando la milizia fascista non aveva più nulla da tirarci. E’ chiaro che l’attacco è stato reso possibile dagli organizzatori della manifestazione che stava marciando sulle strade in quel momento:  ONR (il campo nazional-radicale) e MW (la gioventù polacca) che insieme hanno creato l’RN (Movimento Nazionale). Il servizio d’ordine della manifestazione, o “Guardia indipendente”, ci ha mandato la milizia bonehead e poi l’ha nascosta tra i manifestanti quando avevano fatto. Tutti quelli che gridano slogan o passeggiano in linea con ONR ed MW sono responsabili della loro violenza.

Nonostante l’assalto feroce, abbiamo effettivamente difeso da noi noi stess* e le nostre case per mezz’ora. Non abbiamo dato a chi ci attaccava la soddisfazione che cercava. Abbiamo resististo completamente con i nostri mezzi, perché come già sapevamo non contiamo sulle autorità per un aiuto. Viviamo qui e ci rimaniamo!

Siate pront*”– abbiamo spesso sentito dai nostri amici migranti, che vivino con noi. Hanno già provato la violenza nazionalista quando le loro case sono state date alle fiamme l’anno scorso nella città di Białystok. Questi attacchi sono stati fatti mentre la polizia, i procuratori e le autorità locali vigilavano.

Siate pront*”– ci hanno spesso detto occupanti e affituari che portano avanti uno sportello per la casa ogni martedì nel Syrena. Sono parte della Warsaw Tennants’ Association, cofondata da Jolanta Brzeska che è stata cacciata, attaccata e alla fine bruciata viva dalla milizia dei palazzinari. Anche lei, come noi, viveva a pochi metri dalla stazione di polizia.

Siate pront*”– ci ricordano spesso i lavoratori e i membri del sindacato di movimento IP (Iniziativa dei/lle lavotorici): aihmé, la violenza contro i lavoratori avviene con il completo consenso delle autorità!

Eravamo pront*, perché sappiamo che lo scopo dei fascisti è farci scomparire. Ma eravamo pront* anche perché noi, sfruttat*, deportat*, sgomberat*, o come dicono loro, i freak, i froci, gli illegali, si sono difesi già da molto. Perché?

I fascisti attaccano le persone senza casa, ma sono le autorità che rendono esecutivi gli sfratti mandando le persone per strada o a vivere in container. I fascisti picchiano le famiglie di migranti, ma sono le autorità che li marginalizzano, li rendono illegali, costruiscono i CIE e organizzano le deportazioni collettive. I fascisti uccidono i “negri”, danno fuoco a moschee e infamano i cimiteri ebraici, ma sono le autorità che finanziano i bombardamenti sull’Iraq e l’Afghanistan. In questo sistema, le milizie fasciste eseguono solo quello che le autorità iniziano. L’assalto fisico di migranti, affittuari, lavoratori e squatter è parte di un sistema che non è soltanto ancora divenuto legge.

Le lotte di ogni giorno sono finalizzate a cambiare questo sistema oppressivo: blocchiamo sgomberi e sfratti, partecipiamo agli scioperi di lavoratori, supportiamo gli scioperi della fame dei migranti, lottiamo contro la privatizzazione e progetti corporativi. Invece rompiamo le barriere e piantiamo giardini costruendo comunità inclusive.

Quando i media presentano questi attacchi come una lotta tra estremismi, sollecitano i benefici degli oppressori. Soprattutto, coprono con la nebbia gli estremisti reali: la differenza tra il 99% di noi che cerchiamo di sopravvivere in questo paese e le autorità che implacabilmente ci sfruttano.

Non ci appelliamo alle autorità per nulla; per migliori equipaggiamenti o corsi sui diritti umani alla polizia, per più videocamere nelle strade, per legalizzare una cosa o delegalizzarne un’altra. Per le autorità delegalizzare la manifestazione nazionalista lascia la intatta la logica dell’oppressore. Invece di delegalizzare le facce coperte sulle strade, dovrebbero togliersi la maschera: facciamoli rispondere smascherati, su perché hanno creato povertà invece di prevenirne le cause.

Dirigiamo questa chiamata a tutte le persone: siate pronte, perché le nostre case non sono né le prime né saranno le ultime: arriveranno anche alle vostre! La storia ci proibisce di essere passiv*,  non lasciatevi prendere dalla paura, non aspettate che sia troppo tardi, ANDATE NELLE STRADE E FATE IN MODO CHE SI SENTA LA VOSTRA RABBIA!

Kolektyw Syrena

Kolektyw Przychodnia

Warsaw, Poland. November 13th, 2013

Posted in la rage, traduzioni | Comments Off on [Varsavia] Attacco fascista agli squat Przychodnia e Syrena: no pasaran!

Sicurezza = controllo

Controllo e sicurezza, che parole magnifiche!

Le donne vengono uccise dai propri mariti, menomale che ci sono i braccialetti elettronici.

I migranti muoiono nel Mediterraneo, menomale che ci sono i droni.

A Roma arrivano i blecche blocche, menomale che ci sono i fogli di via e le liste di indesiderati.

Il terrorismo imperversa contro libertà e democrazia, menomale che si intercettano le telefonate!

Signora Merkel, signori politici, quante parole di dissenso spese, quanto sconforto nel sapersi spiati dai propri vicini. Il controllo globale vi ha presi nella rete: non c’è scampo per nessuno (e chissà Obama da chi sarà spiato: magari dalla Cina…).

Sui nostri corpi di donne, già violati socialmente e fisicamente, avete fatto passare leggi d’emergenza; sulle bare assenti dei migranti a Lampedusa l’acquisizione di mezzi militari anfibi per dotarvi di una forza spettacolare, umanitaria sì, ma così potente che chissà cos’altro potrà fare.

Signori: essere spiati mette tutti un po’ più sicuri, ancora non l’avete imparato? Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. Questa è la lezione che ci insegnate ogni giorno, ma anche voi dovevate avere i vostri professori.

Chapeu.

Posted in filippiche | Comments Off on Sicurezza = controllo