2016-2017 sola andata

Manco da parecchio su queste pagine, e se manco non è perché non abbia nulla da dire. Ma il mio cervello si arrovella su questioni di geopolitica e migrazioni e cambiamento dei nostri ordinamenti che è difficile far ordine in tutto ‘sto casino.

Scrivo che già tutto  è cambiato dall’ultima volta che scrivevo. Anche se non era imprevedibile. Trump è il nuovo presidente degli USA ed emana decreti razzisti e islamofobi, contro chi vive in America da tempo. Pare voglia proseguire il muro tra USA e Messico, chiudere l’economia statunitense e farsi i bacetti con Putin. Nuovo ordine mondiale insomma, una roba non da blue monday ma da blue tutta la settimana. Roba che dei provvedimenti così veloci li avesse presi Obama su Guantanamo staremmo tutti meglio. Invece si reintroduce la tortura di Stato, già che ci siamo. Il tutto in pochi giorni di mandato Trump.

Una parte cospicua del Regno Unito ha votato per l’uscita dall’UE. Posto che non me ne frega un cazzo dell’UE di per sé, mi sembra assolutamente preoccupante che la maggior parte delle persone che hanno votato in UK lo abbia fatto contro immigrati europei che “gli rubano il lavoro”. Senza tenere conto di quanto l’economia si poggi sugli stessi immigrati, per altro.

Infine gli e le migranti, per l’appunto. Il biennio in corso è sicuramente caratterizzato dalla presa di coscienza e dalla assoluta e sconsiderata fobia per l’immigrazione in Europa. Si costruiscono muri, campi, barricate. Si uccide, per mano di proiettili di Stato (di rado), o per l’inaccessibilità delle proprie frontiere. Quindi i e le migranti affogano nel Mediterraneo, soffocano nei camion, se donne vengono stuprate, e tutto il simpatico bagaglio di morte e tristezza che questo tipo di politiche – perché la chiusura dei confini è una politica – porta con sé.

Premesso ciò, mi sento molto a disagio con certa interpretazione dei problemi che viene fatta e con l’assenza di reali risposte e repliche. Senza doversi dare un ruolo che non compete (quello di chi fa e attua le regole in cui viviamo), mi viene da pensare che l’arrivo di persone in questo paese, spesso a ondate, debba essere accolto con una capacità di gestione elevatissimo. Capacità che non può essere risolta nell’autogestione di centri sparsi (per quanto ciò possa essere in realtà proposto e attuato in grandi centri di secondo arrivo).

Chi arriva in Italia e in Europa spesso ha delle competenze, dei background, delle storie. Spesso non ha molto con sé, ma non è detto. C’è chi riesce a portare beni materiali e chi no. Chi ha una famiglia che lo sostiene, chi ha una famiglia da sostenere, chi la famiglia l’ha persa. Parlare di migranti è come parlare di donne: persone che sottostanno a un sistema di merda, si muovono in esso, a volte vi contribuiscono. Persone che hanno classi, saperi e bisogni e desideri estremamente diversi. Età non omogenee, lingue non omogenee. A me sembra bellissima, a volte, tutta questa non omogeneità. La differenza è la base del femminismo nostrano, d’altra parte. Ma non è facile, come non lo è il femminismo. Però la ricerca comune di soluzioni va praticata, andrebbe praticata. Sedendosi e ascoltando immagino. Non c’è cambiamento senza ascolto.

E come per i migranti sento questo bisogno impellente in me di ricercare obiettivi praticabili, affrontare i problemi e non solo le loro macrocause.

Non mi basta più dire che il carcere fa schifo, che i confini fanno schifo. Vorrei capire come vorrei che fosse la società senza carcere e senza confini. E vorrei farlo insieme.

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